Autosvezzamento (o alimentazione complementare): un nuovo – ma antico – modo di svezzare i bambini

Autosvezzamento (o alimentazione complementare): un nuovo – ma antico – modo di svezzare i bambini

Autosvezzamento (o alimentazione complementare): un nuovo – ma antico – modo di svezzare i bambini

Autosvezzamento è il termine inesatto ma semplice e immediato per indicare l’alimentazione complementare a richiesta: il più naturale, sano e rispettoso modo per una naturale evoluzione dell’alimentazione dei bambini dall’allattamento ai solidi, guidandoli attraverso il lento e graduale passaggio da una dieta a base di solo latte materno o artificiale all’universo dei cibi “dei grandi” per uno svezzamento senza traumi.

Autosvezzamento è vivere pasti sereni in armonia con tutta la famiglia, pasti durante i quali si mangia tutti assieme e si condivide il piacere della tavola, con tutti i risvolti educativi e culturali che il cibo porta con sé.

Autosvezzamento è rispetto del bambino, delle sue scelte, dei suoi gusti, della sua sazietà e dei suoi no. E’ vivere il piacere della tavola, della tranquillità dei pasti, dei genitori e quindi dei figli.

L’Autosvezzamento è stato per me, per noi, l’esperienza più bella e “naturale” di tutto il nostro percorso di crescita, di noi genitori e di nostro figlio.

Ma come mai alcuni pediatri consigliano ancora lo svezzamento tradizionale? Qual è la differenza tra svezzamento classico e autosvezzamento? Cosa consiglia l’OMS e perchè? Quali sono i pro e i contro? Quali le paure dei genitori ad iniziare un alimentazione complementare?

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UNA STORIA INIZIATA CIRCA MEZZO SECOLO FA

I rigidi schemi di svezzamento che prevedono un’introduzione graduale degli alimenti, chiamati impropriamente svezzamento tradizionale, in realtà hanno origine negli anni ’50 con il progressivo abbandono dell’allattamento al seno, nella convinzione, senza alcuna prova scientifica, che il latte materno, a partire dai 2-3 mesi di vita, non fosse più adeguato alle esigenze di crescita del bambino, e andasse quindi integrato con altri alimenti.

Così, da uno svezzamento tardivo, affidato all’esperienza familiare e con alimenti domestici, si passò a svezzare i bambini piccolissimi; pertanto, essendo l’apparato digerente e il sistema immunitario ancora immaturi, si dovette ricorrere ad alimenti speciali ad alta digeribilità e confezionati in maniera sterile; per la stessa ragione si raccomandava un’introduzione graduale dei vari alimenti per poter individuare tempestivamente il responsabile di eventuali problemi.

Con gli anni si prese lentamente coscienza dei danni prodotti da questa fretta immotivata di sostituire il latte con le pappe (infezioni intestinali, allergie, obesità) e, sotto la spinta di organizzazioni sanitarie nazionali e internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità, UNICEF), iniziò il cammino inverso, fino alle attuali raccomandazioni di proseguire l’allattamento al seno esclusivo fino a sei mesi.

Ma le abitudini sono dure a morire: accade così che non solo si continui a svezzare i bambini a 4-5 mesi, ma anche ad utilizzare alimenti e strategie indispensabili in passato per evitare danni a bambini ancora immaturi e in difficoltà per essere stati privati del loro alimento specifico: il latte materno.

Si dimentica che un bambino di 6-7 mesi ha ormai un apparato digerente sufficientemente maturo per poter digerire i normali alimenti preparati in casa, così come si faceva una volta, ovviamente tenuto conto dell’assenza dei denti.

Un bambino di sei mesi ha maturato non solo il suo intestino, ma anche il suo sistema immunitario, la sua intelligenza, le sue abilità motorie, la capacità di masticare. Scompare quindi l’angoscia di sterilizzare tutto, il bambino se ne sta seduto da solo, impara sempre più anche a mangiare da solo, accetta il cibo in bocca con il cucchiaino senza alcuna difficoltà, lo deglutisce senza rischi di soffocamento e, quando è presente al pasto dei genitori, mostra un acceso interesse per il cibo che vede nei loro piatti.

Da diversi anni abbiamo appreso che allattare all’orario richiesto dal bambino dandogli la quantità di latte che desidera, rappresenta la modalità migliore di alimentazione nei primi mesi di vita.

Per lo stesso motivo, perché non dovremmo continuare a fidarci del bambino e della sua capacità di regolarsi secondo il proprio appetito e quindi di autogestire la propria alimentazione? Se nel primo semestre di vita cerchiamo di adattarci ai suoi bisogni, perché non continuare anche nei mesi successivi?

E anche per quanto riguarda le allergie, si è visto che non è utile rimandare l’introduzione di alimenti allergizzanti come il pomodoro, l’uovo e o i crostacei. Naturalmente si parla di bambini senza specifici problemi di salute; diversamente, nel caso di soggetti a rischio o che presentano allergie già note, l’introduzione degli alimenti allergizzanti dovrebbe avvenire sotto controllo medico.

IO MI FIDO DI QUELLO CHE RACCOMANDA IL PEDIATRA

Conosco molte amiche restie a iniziare un alimentazione complementare (autosvezzamento) o che non prendono nemmeno in considerazione questa opportunità perchè si fidano a occhi chiusi del loro pediatra e, per carità fanno benissimo, ma bisognerebbe comunque informarsi e avere un minimo di spirito critico.

Succede spesso, infatti, di accorgersi che qualcosa che i pediatri abitualmente raccomandano non abbia altro fondamento se non antiche e semplici opinioni di qualche autorevole professore, alle quali se ne sono aggiunte altre, e così via fino a diventare un comportamento consolidato, che nessuno sa da dove e perché sia nato. Proprio questo è capitato in materia di svezzamento e la prova è la stessa difficoltà incontrata dalle mamme nell’affrontare un evento naturale e inevitabile come lo svezzamento.

ALIMENTAZIONE COMPLEMENTARE A RICHIESTA

Il termine “svezzamento” deriva da “vizio”, ossia perdere il vizio del latte, pertanto più che Autosvezzamento il termine corretto sarebbe quello di alimentazione complementare a richiesta:

  • a richiesta” perché è il bambino a segnalare il proprio interesse per i cibo, partecipando attivamente ai pasti dei grandi “arraffando” quello che gli capita sotto mano e che gli sembra interessante per poi portarlo alla bocca o manipolarlo, buttarlo in terra, annusarlo, spalmarselo sulla faccia, ecc.;
  • complementare” rispetto al latte, che rimarrà alimento importante fin verso i 12 mesi ed oltre.

La scienza ha infatti ampiamente dimostrato che il latte materno rappresenta una risorsa salutare anche oltre i 2-3 anni di vita del bambino. Questo è uno dei motivi per cui, sempre in ambito scientifico, si preferisce parlare di “Alimentazione Complementare” (AC), definizione che evidenzia come il cibo solido vada ad aggiungersi (e non a sostituirsi) al latte, materno o formulato, che resta ancora per mesi l’alimento principale.

QUANDO E COME INIZIARE LO SVEZZAMENTO?

Come per qualsiasi tappa evolutiva non c’è un’età precisa: c’è chi parla a 10 mesi chi a 36, c’è chi cammina a 9 mesi chi a 1 anno, c’è chi inizia a mangiare il cibo dei grandi a 6 mesi chi a 1 anno.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda la prosecuzione dell’allattamento esclusivo al seno fino ai 6 mesi circa, età attorno alla quale i bambini vengono solitamente svezzati. Va però ricordato che l’OMS non indica una età precisa e puntuale, perché i fattori che determinano il momento idoneo per lo svezzamento sono legati al livello di sviluppo di ogni singolo bambino, e quindi variabili da soggetto a soggetto. Possiamo individuare un’età di massima, ma poi ogni bambino è a sé.
Dunque, forzare lo svezzamento, così come ostacolarlo nel momento in cui il piccolo si mostra interessato e pronto a sperimentare i cibi solidi, sono atteggiamenti da scoraggiare.

COME CAPIRE QUANDO UN BAMBINO E’ PRONTO?

E’ molto semplice. Possiamo dire che un bambino è pronto per lo svezzamento nel momento in cui raggiunge tutte le competenze fisiologiche necessarie: una maturità digestiva (di solito già intorno ai 4-5 mesi), un controllo del tronco che gli permette di avere un minimo di appoggio, la scomparsa dei riflessi legati alla suzione, la masticazione e, soprattutto, il desiderio di svezzarsi.

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TOMMY 6 MESI PRIMI ASSAGGI DI PASTA AL SUGO

Quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza, perché se il lattante non mostra ancora interesse verso i cibi solidi, il fatto che possa essere maturo e pronto sugli altri aspetti non servirà a nulla.

In sintesi, pur sapendo che, grosso modo, il bambino è potenzialmente pronto per lo svezzamento intorno ai 6-8 mesi, dobbiamo sempre aspettare le sue manifestazioni di interesse verso il cibo solido. Quindi, chi può dirci quando è il momento giusto sarà solo ed esclusivamente “quel” bambino.

L’autosvezzamento richiede che il bambino sia a tavola con la famiglia e possa osservare, manipolare e assaggiare quello che mangiano gli adulti. È quindi un approccio improntato a una grande spontaneità e fiducia nella capacità del piccolo di autoregolarsi. 

In pratica sarà il bambino a richiedere il cibo e sarà lui a decidere cosa vuole e la quantità. Parola d’ordine: AUTONOMIA.

I genitori devono fidarsi delle scelte alimentari del bambino e rispettare la sua autonomia.

Autonomia di gusti, che devono essere rispettati, come rispettate i vostri. Autonomia nella quantità sia complessiva in un pasto sia nelle varie componenti del pasto. Autonomia soprattutto nel “gesto” del cibarsi: prima con le mani (se non direttamente con la bocca), poi via via, dandogli in mano le prime posatine con cui, per imitazione, imparerà a destreggiarsi sia pure a prezzo di un pò di pasticci intorno al seggiolone.

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COME INIZIARE

Dimenticate schemi, calendari e tabelle di svezzamento: tutto è diventato molto più semplice e facile da quando abbiamo capito che l’errore chiave stava nel fissare un momento di inizio.

Normalmente, facendo sedere il bambino con voi a tavola, noterete un sempre maggior interesse da parte sua per ciò che fate mentre mangiate; questo comportamento non è mirato, come erroneamente si pensa, a mangiare il cibo dei grandi (il piccolo non ha cognizione di ciò che ha davanti) ma piuttosto all’imitazione di ciò che fanno i propri genitori, al ripetere le loro azioni.

Ed ecco che a un certo punto, durante il pranzo o la cena, il bambino si agiterà e tenderà le mani, come a dire che vuole assolutamente partecipare a ciò che sta accadendo sulla tavola. È il momento di accontentarlo, di prendere con la vostra posata un po’ di cibo sminuzzato e lasciarglielo a portata di mano.

Se il piccolo è veramente intenzionato afferrerà la posata (non il cibo, che non ha ancora per lui alcun significato specifico) e la porterà, sotto la vostra guida, alla bocca. E se è veramente pronto inizierà prudentemente a masticare, valuterà odori e sapori, probabilmente li riconoscerà (li ha già assaggiati nel liquido amniotico e nel latte della mamma), e con sua grande soddisfazione deglutirà in tutta sicurezza; assaggio dopo assaggio, sempre rispettando rigorosamente i propri ritmi, riuscirà a scoprire che si tratta di qualcosa di gustoso e saziante, che fa lo stesso effetto della poppata al seno o al biberon.

Via via vedrete che le quantità di cibo solido che vi richiederà aumenteranno e le poppate diminuiranno…

I BAMBINI SI AUTOREGOLANO

Gradualmente tutti i bambini (ognuno coi suoi tempi) si svezzano, iniziano cioè ad assaggiare il cibo a tavola durante i pasti familiari, imparando anche a usare le posate, e questa nuova sperimentazione andrà ad affiancarsi all’allattamento a richiesta.

Ma come far coesistere entrambe le cose? Col tempo abbiamo compreso quanto sia importante fidarci delle capacità di autoregolazione dei neonati per quanto riguarda l’allattamento, ed è quello che bisogna fare anche durante questa fase.

La quantità di latte assunta dal bambino subirà via via un aggiustamento graduale automatico, mentre per quanto riguarda il cibo solido, sarà possibile evitare sprechi o avanzi confrontando le porzioni effettivamente consumate dal piccolo con quelle solitamente messe a tavola (si aumenteranno le porzioni se si avrà l’impressione che voglia mangiare di più o, viceversa, si diminuiranno se comincerà a lasciare del cibo nel piatto).

IL RUOLO DELLA FAMIGLIA

Una volta dimostrato che il bambino sa perfettamente cosa mangiare e quanto, resta da definire il ruolo della famiglia. Dato che gli adulti, per il piccolo, rappresentano il modello da copiare, sarà fondamentale condurre un buono stile alimentare, seguire la piramide alimentare, ovvero seguire le ricette della dieta mediterranea i cui cibi sono reperibili ovunque.

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TOMMY ALLE PRESE CON PASTA E LEGUMI

E i legumi? Vanno più che bene. Ricordiamoci solo che il bambino non ha ancora i denti, e che dunque il cibo, a seconda della sua struttura, va spezzettato o schiacciato o sfilacciato; sempre però facendo sì che il piccolo avverta in bocca qualcosa di solido, che stimoli la sua masticazione (non i fluidi dunque, perché si limiterebbe a succhiarli).
Ma tutta questa fibra non gli farà venire la stitichezza? Al contrario: la fibra, trattenendo i liquidi, previene la stipsi, oltre a favorire una maggiore qualità della flora batterica intestinale e ad aiutare a mantenere morbide le feci.

Lo svezzamento del vostro bimbo sarà dunque l’occasione per tutta la famiglia di seguire una dieta sana e bilanciata e, se lo svezzamento tradizionale potrebbe esser visto da molti genitori più semplice, ricordate che prima o poi il vostro bambino dovrà mangiare con voi…quindi il “problema” è solo posticipato.

ATTENZIONE AI PERCOLI DEL MARKETING

Non dimentichiamo che, per abbracciare l’alimentazione complementare a richiesta, i genitori devono resistere alle sirene del marketing che martella con proposte di alimenti e bevande ‘speciali’ per l’infanzia, apparentemente imprescindibili.

L’industria alimentare – dice Sergio Conti Nibali, responsabile Gruppo Nutrizione dell’Acp e direttore della rivista Uppa (Un pediatra per amico) – punta molto sulla palatabilità dei prodotti per i bambini. I vasetti di verdure, per esempio, sono preparati in modo da mischiare o evitare quelle dal sapore amaro, rendendoli così più accettati. Il problema è che poi tanti bambini rifiuteranno i sapori ‘strani’ e diventeranno sempre più selettivi a tavola.

È dimostrato che privare i bambini della possibilità di sperimentare tutta una serie di sapori, li condiziona nelle scelte future, facendo loro preferire alimenti con quel particolare sapore e consistenza. Le conseguenze sulla salute di una cattiva alimentazione sono sotto gli occhi di tutti: la percentuale di soggetti obesi e in sovrappeso sta raggiungendo livelli impressionanti e c’è da aspettarsi un progressivo aumento di patologie croniche gravi e invalidanti in età sempre più giovanile.

Con l’autosvezzamento è possibile proporre precocemente un’alimentazione equilibrata e varia, che comprenda molta frutta e verdura, anche quelle dal sapore amaro che tutti mangiano malvolentieri. Se proposte in modo frequente, con piccoli assaggi ‘liberi’ e non con imposizioni, è più facile che siano accettate.

Ai genitori si chiede una forza notevole, perché il marketing in questo settore è molto penetrante, inizia prima della nascita e prevede strumenti che vanno dalle offerte promozionali alle app sull’alimentazione infantile, alle mamme blogger pagate dalle aziende.

PERICOLO DI SOFFOCAMENTO E AUTOSVEZZAMENTO

Uno dei maggiori dubbi dei genitori riguardo l’autosvezzamento è il rischio di soffocamento

Ma non c’è il rischio che il cibo ‘vada di traverso’ rischiando di soffocarlo? “Secondo studi recenti – dice Conti Nibali – il rischio di soffocamento è paragonabile a quello presente nello svezzamento tradizionale, nè più nè meno. È fondamentale però che i genitori conoscano il problema e che siano presenti e attenti mentre il piccolo mangia ed evitare cibo a rischio di soffocamento.

Il tema è così importante che anche il Ministero della salute ha pubblicato le linee guida per un pasto sicuro. Il testo contiene sia indicazioni sulla scelta e la preparazione dei cibi nei primi anni, sia le modalità corrette per proporre i cibi ai bambini al fine di ridurre il rischio di soffocamento. Si tratta di misure importanti per tutte le modalità di svezzamento: sia autosvezzamento che svezzamento classico.”

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