
Dormire nel lettone con mamma e papà è pericoloso? Tutto sul co-sleeping
Dormire nel lettone con mamma e papà è pericoloso? Tutto sul co-sleeping
Quale bambino prima o poi non ha passato una o più notti nel lettone con i suoi genitori? Quanti si rifiutano a lungo di dormire nel loro lettino e quanti invece, se pure ci si sono addormentati, a metà notte migrano nel lettone?
Il co-sleeping, ossia il dormire insieme a mamma e papà, è un’abitudine che ci accomuna ai primati non umani, le scimmie, che sono geneticamente molto vicini a noi e che la praticano abitualmente: il piccolo della scimmia dorme sempre con sua madre.
Dormire insieme è inoltre una consuetudine molto diffusa presso tutti popoli del mondo, nella società occidentale è invece caduta in disuso solo da qualche decennio.
Si può dire dunque che per il cucciolo d’uomo è assolutamente una novità l’essere messo a dormire da solo.
In Occidente è diventato, anzi, quasi un tabù, benché fino a non molti decenni fa fossero pochi a potersi permettere stanze e letti separati per i vari componenti della famiglia.
Ma il miglioramento delle condizioni economiche ha fatto sì che la condivisione del sonno è diventata una pratica mal vista.
Alla base di questo rifiuto al contatto prolungato tra genitori e bambini vi sono due idee: da un lato la preoccupazione di crescere figli “viziati” e troppo attaccati ai genitori; dall’altro la paura che dormire tutti insieme possa minare l’intimità dei genitori.
Nel libro “I cuccioli non dormono da soli” la psicologa perinatale Alessandra Bortolotti affronta la spinosa questione del sonno condiviso.
Il libro non vuole suggerire ai genitori come devono far dormire il loro bambino, ma vuole fornire loro il maggior numero possibile di informazioni su una questione spinosa come il sonno condiviso. Informazioni basate su evidenze scientifiche, ma dove le scienze prese in esame non sono solo quelle mediche, ma anche la psicologia e l’antropologia.
Il punto di partenza di tutta la questione è proprio culturale più che scientifico. “La nostra cultura educativa è basata sul distacco precoce dei bambini, in nome della loro presunta autonomia e indipendenza” scrive Bortolotti.
Così, diventa normale che “i bambini debbano dormire da soli e per tutta la notte il prima possibile, che debbano lasciare il seno entro il primo anno di vita, che si debbano adattare ai ritmi degli adulti e che la dimensione di ignoto, incertezza e novità determinata dall’arrivo di un neonato debba essere in qualche modo controllata“.

Così il “cosleeping” è stato relegato a soluzione di emergenza per genitori troppo stremati per imporre un’altra disciplina.
E ancora, secondo Bortolotti è una cultura che tende a ignorare le emozioni dei bambini, specialmente quelle negative.
Il risultato è il proliferare di indicazioni, consigli, metodi piuttosto rigidi, che puntano a insegnare ai genitori come ottenere che il bambino li assecondi: non pianga, non urli, dorma da solo nel suo lettino e così via.
Questo atteggiamento culturale – sostiene Bortolotti – impedisce ai genitori di mettersi in ascolto autentico del proprio bambino e della propria relazione con lui, non lascia spazio all’istinto materno e paterno.
Spingerebbe mamme e papà a uniformarsi per evitare di finire nel mirino dei giudizi negativi di chi li circonda, che si tratti di pediatri o altri esperti, tate, familiari, amici.
In realtà anche nei Paesi occidentali ultimamente sta prendendo piede una scuola di pensiero diametralmente opposta, secondo cui per i bambini dormire insieme ai genitori, in particolare con la madre, sarebbe addirittura da consigliare.
Co-sleeping: le motivazioni dei favorevoli
Il ribaltamento della prospettiva si basa sugli studi su analogie tra primati e uomo condotti dall’antropologo James J. McKenna – direttore del Behavioral Sleep Laboratory presso l’Università di Notre Dame.
Secondo il dottor McKenna il cosleeping aiuterebbe i neonati a regolare una serie di funzioni corporee fondamentali, come la frequenza cardiaca e respiratoria, la temperatura corporea, la digestione e il tasso di crescita.
Il cosleeping favorisce l’allattamento al seno e riduce lo stress della madre (abbassando i livelli dell’ormone del cortisolo). Infine la condivisione del riposo notturno favorirebbe il legame tra figli e genitori, compreso il papà.
Secondo quanto sostenuto il Dottor Nils Bergman, pediatra presso l’Università di Città del Capo in Sudafrica, il bambino dovrebbe dormire insieme ai genitori fino all’età di 3 anni poiché fornisce ai neonati un riposo migliore e un minore stress cardiaco
.
Appena tornati dall’ospedale sembra che sia la soluzione più naturale, soprattutto per favorire l’allattamento notturno e non stancare troppo la mamma.
Invariabilmente poi i neogenitori subiscono le pressioni e i giudizi di amici e parenti che stigmatizzano questa pratica sostenendo che è alla base del vizio per i bambini.
In realtà – come il babywearing – il co-sleeping favorisce il legame genitore-bambino e tranquillizza entrambi.
Secondo i sostenitori del co-sleeping, più a un bambino viene data la possibilità di stare accanto ai genitori ogni volta che lo desidera, maggiore sarà la sua sicurezza e autonomia da adulto.
Non rispondere a questa esigenza oppure farlo in maniera incostante, secondo queste recenti ricerche, ritarderebbe il processo di formazione della “sicurezza interiore”. Senza imporre una regola rigida si può concepire, eventualmente, un cosleeping a richiesta come per l’allattamento.
Co-sleeping: le motivazioni dei contrari
Gli antagonisti del dormire insieme, invece, sostengono che sia una pratica potenzialmente molto pericolosa poichè il rischio di soffocamento e schiacciamento involontario da parte dei genitori è molto elevato e questa sarebbe una delle prime cause della SIDS (o morte in culla).
In effetti, in passato alcuni studi hanno suggerito un aumento del rischio di SIDS in caso di sonno condiviso, e molte società pediatriche, a partire da quella americana, American Academy of Pediatrics, sconsigliano vivamente questa scelta.
In un capitolo dedicato al tema, però, la psicologa perinatale Alessandra Bortolotti approfondisce questi aspetti, sottolineando come molti studi non abbiano distinto tra situazioni differenti.
Per esempio, il fatto che il bambino fosse allattato al seno o artificialmente, cosa che ha profonde ripercussioni sul tipo di sonno del piccolo e della mamma e tra fattori di rischio differenti.
Alcuni fattori di rischio sono ormai riconosciuti come decisamente importanti. In particolare il fatto di lasciare il bambino a dormire a pancia in giù e l’esposizione al fumo di sigaretta, in particolare se a fumare è la madre e lo ha fatto anche durante la gravidanza.
Accortezze se si decide di dormire con il proprio bambino:
- possibilmente il piccolo dovrebbe essere allattato al seno e alla fine di ogni poppata dovrebbe essere rimesso a pancia in su;
- è necessario che non sia di basso peso, che la mamma sia normopeso e che i genitori non fumino e non assumano alcol o droghe;
- il bimbo non dovrebbe stare in mezzo ma verso un lato del letto al quale sia stata montata un’apposita protezione;
- il letto dovrebbe avere un materasso rigido, senza spazi o interstizi nei quali il bambino potrebbe incastrarsi; le coperte devono essere leggere (no piumini) e non devono mai coprire la testa del piccolo;
- sul letto non devono mai salire animali domestici (o altri fratelli, quando il bambino è ancora piccolo).
- Cuscini, coperte, pupazzi etc – Evita coperte e piumoni. Togli dal letto anche cuscini, pupazzi o pezzi di plastica. Infine evita materassi ad acqua che rendono meno stabile il sonno.
Soluzioni intermedie di bed sharing
Lettini e culle side-bed
Se hai paura del rischio SIDS oppure temi di “viziare” il bebè o, ancora, di danneggiare il vostro rapporto di coppia, puoi utilizzare le culle agganciabili al lettone.
Oppure stacca una delle sponde del lettino e avvicinalo al vostro lato del letto, quasi a formare una specie di sidecar domestico.
Dai un’occhiata alla culla side-by-side di Leander che può essere agganciata alla sponda del lettone e ha un spondina laterale in mesh facilmente abbassabile con una mano.
Co-sleeping occasionale
Se pensi che ognuno debba dormire nel proprio letto, non essere inflessibile.
Nel caso il bambino sia malato oppure stia attraversando un periodo delicato ( come l’inserimento al nido oppure l’inizio dello svezzamento), tenerlo qualche notte con voi nel lettone per rassicurarlo non farà di certo male né ai genitori né a lui, anzi.
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