Il mio bambino ancora non parla! Devo preoccuparmi? Late Talkers e Late Bloomers

Il mio bambino ancora non parla! Devo preoccuparmi? Late Talkers e Late Bloomers

Il mio bambino ancora non parla! Devo preoccuparmi? Late Talkers e Late Bloomers

Si sa, ogni bambino ha i suoi tempi e non tutti iniziano a parlare alla stessa età. 

Aleggia spesso la famosa figura mitologica del “bambino pigro”, quel bambino che a detta di tutti (zii,nonni , amiche…) prima o poi, forse, parlerà.

E’ bene fare una considerazione: i bambini entro i 4-5 anni dovrebbero parlare proprio come gli adulti!  

LE TAPPE DEL LINGUAGGIO

I bambini attraversano delle tappe classiche prima di iniziare a parlare e, all’ interno di queste tappe, c’è una grande variabilità: possiamo trovare il bimbo di 18 mesi che ancora non parla come quello che invece dice già 20 parole.

I neonati da 0 a 3 mesi comunicano attraverso piccole interazioni come sorrisi, sguardi con la mamma, gorgoglii; verso i 6-7-8 mesi compare la lallazione con la ripetizione di alcuni suoni della lingua materna (pa-pa, ma-ma); intorno ai 12 mesi i bambini iniziano a produrre delle parole e delle piccole frasi (“bau bau” per “cane”).

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Dai 12 mesi in poi si sviluppa il lessico, che a 18 mesi diventa più ampio e vario (si parla di una vera e propria “esplosione lessicale“). Quando vogliono comunicare qualcosa, i bambini di questa età producono delle frasi nucleari formate da una sola parola.

Per esempio, quando dicono la parola “papà” intendono dire “ecco papà che arriva dal lavoro”; se dicono “bau bau” potrebbero voler dire “ho visto un cane”.

A questo punto dello sviluppo linguistico i bambini iniziano a fare una ricombinazione lessicale, producendo delle frasi formate da 2 o 3 parole accostate tra loro.

Per esempio, per dire “andiamo a casa della nonna”, il bambino accosterà le parole “casa” e “nonna”; normalmente questo processo inizia dai 18 fino ai 24 mesi. 

24 mesi rappresenta un traguardo: quell’età in cui i bambini dovrebbero aver raggiunto la capacità di formare delle piccole combinazioni frasali.

Tuttavia nei primi due anni di vita possiamo ritrovarci ad avere dei bambini definiti “PARLATORI TARDIVI”. 

Questi piccolini, per quanto vivaci, scatenati, curiosi e intelligenti, mostrano a differenza dei loro coetanei un rallentamento delle loro abilità linguistiche. E di solito hanno un repertorio di vocaboli inferiore alle 50 parole.

LATE TALKERS: CHI SONO?

Come ci spiegano i logopedisti, il late talker si definisce come un parlatore tardivo, cioè un bambino che a 24 mesi non ha ancora sviluppato un lessico di 50 parole (non ha un vocabolario di 50 termini diversi) e non ha un linguaggio combinatorio (non produce piccole frasi).

In questi casi si parla di ritardo nel linguaggio.

Essere un late talker non significa necessariamente sviluppare una patologia.

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I LATE BLOOMERS

Nella maggior parte dei casi, infatti, il bambino con un ritardo del linguaggio fa un salto grammaticale incredibile intorno ai 36 mesi.

E' come se finora avesse interiorizzato e assimilato la comprensione e la produzione delle parole, fino all'”esplosione” che avviene intorno ai 36 mesi, quando riesce a produrre diverse parole e frasi molto velocemente, arrivando a esprimersi come un bambino che usava un linguaggio combinatorio già a 2 anni.

I bambini  LATE BLOOMERS (che fioriscono tardivamente) sono quelli che, pur essendo in ritardo nell’ acquisizione del linguaggio in un anno riescono a migliorare e recuperare le differenze con i loro coetanei .

Né i late talker né i late bloomers sono patologici, ma se verso i 2 anni o 2 anni e mezzo il bambino non produce frasi in maniera combinatoria, anche semplice, allora è bene cercare di capire la causa di questo ritardo.

QUALI I CAMPANELLI D'ALLARME A CUI PRESTARE ATTENZIONE?

Tra i 24 e i 30 mesi il late talker ha un lessico povero e non ricombina le parole perché non ha acquisito tutte le tappe di sviluppo del linguaggio.

Ad esempio, una lallazione mancante a 10 mesi o un lessico ridotto a 18 mesi sono segnali per iniziare ad attivarsi per capire se può trattarsi di un ritardo di linguaggio.

Questo ritardo non è patologico ma va preso in considerazione per capire se sono presenti altre problematiche o se si tratta di un late bloomer che svilupperà il linguaggio con un po’ di ritardo.

COSA E' IL DSL  – Disturbo specifico del linguaggio

Il DSL  – Disturbo specifico del linguaggio è una difficoltà linguistica che si manifesta in un bambino che non presenta di sordità, dello sviluppo neurologico e delle capacità relazionali, in presenza di un adeguato sviluppo intellettivo. 

La diagnosi viene effettuata dal Neuropsichiatra infantile.

Solitamente i bambini con disturbo specifico del linguaggio vengono diagnosticati dopo i 3 anni con l’ingresso alla scuola dell’infanzia e sono bambini che hanno difficoltà a comprendere e/o produrre parole o frasi rispetto ai loro coetanei.

Se il bambino non ha un linguaggio comprensibile e soprattutto se non comprende bene ciò che gli viene detto si fa una diagnosi di disturbo specifico di linguaggio (DSL).

Il DSL si sviluppa in una piccola percentuale di quelli che erano late talker (bambini che prima di 36 mesi avevano uno sviluppo linguistico non in linea con l’età); quindi è differente rispetto a un ritardo di linguaggio.

Nei casi in cui a più di 36 mesi persiste l’assenza di combinazione frasale si può diagnosticare un DSL.

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QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DI UN BAMBINO CON DISTURBO SPECIFICO DEL LINGUAGGIO

Il bambino potrebbe avere un limitato repertorio di suoni e la sequenza di questi suoni, all’interno della parola, potrebbero essere omessi, aggiunti, sostituiti.

Possono presentare un ritardo nella produzione e acquisizione delle parole.

Le frasi sono di tipo telegrafico con assenza di articoli e pronomi.

Difficoltà nel coniugare e utilizzare i verbi. Questi bambini possono presentare deficit nella comprensione del linguaggio.

Inoltre potrebbero presentare difficoltà nel descrivere, conversare e raccontare.

La  fascia di età che va tra i 2 e i 3 anni rappresenta una fase importante per l’identificazione di eventuali disturbi specifici del linguaggio.

A COSA MAMMA E PAPÀ DEVONO PRESTARE ATTENZIONE?

  •  5-10 mesi assenza della fase della lallazione (prima vocalica e poi consonantica)
  • 12-14 mesi assenza dei gesti di richiesta e ad uso sociale (ad esempio ciao ciao per andare via)
  • 12 mesi mancata acquisizione di schemi d’azione con gli oggetti
  • 18 mesi: vocabolario ridotto, il bambino conosce meno di 20 parole
  • 24 mesi: vocabolario ridotto, il bambino conosce meno di 50 parole
  • 30-40 mesi ridotta o assenza del gioco simbolico
  • 24-30 mesi: ritardo nella comprensione di ordini non contestuali
  • Dai 30 mesi in poi persistenza di parole inventate

    Dopo l’ingresso alla scuola dell’infanzia è bene monitorare il tuo bambino.  

    Se dopo i tre anni “inciampa” parlando, vedi che parla in maniera telegrafica, non riuscite a capire quello che vuole dire, è bene rivolgersi al pediatra di riferimento che potrà richiedere una valutazione più approfondita sul suo linguaggio.

    Il logopedista, in sinergia con altre figure come il NPI, valuterà il linguaggio del vostro piccolo e sarà in grado di valutare se è il caso, ad esempio nei bambini di 24 mesi che  presentano le caratteristiche di un parlatore tardivo, di monitorare il suo linguaggio per capire se nel tempo c’è un’evoluzione positiva.

    In questi casi la famiglia è affiancata con delle strategie per stimolare e promuovere l’evoluzione del linguaggio.

    Nei casi in cui il linguaggio non emerga, ci siano alterazioni nella produzione dei suoni, difficoltà nel raccontare il percorso corretto da fare è quello di attivare un trattamento logopedico specifico sul linguaggio in modo da potenziare le aree in cui il bambino mostri delle difficoltà.

    PERCHE' INTERVENIRE PRECOCEMENTE

    Come abbiamo detto prima non tutti i bambini riescono a recuperare le differenze linguistiche con i loro pari e non tutti recuperano allo stesso modo. 

    Molti di loro, anche migliorando, potrebbero mantenere delle abilità più deboli rispetto ai pari: sequenza frasale e vocabolario più povero, inversioni e confusioni tra i suoni, difficoltà nel raccontare un avvenimento.

    Nei casi invece in cui ci troviamo di fronte ad un disturbo specifico del linguaggio, dove il bambino ha difficoltà ad acquisire ed elaborare le regole linguistiche, è bene intervenire tempestivamente.

    In alcuni casi il disturbo potrebbe persistere oltre i sei anni andando ad interferire sugli apprendimenti alla letto-scrittura.

    Di sicuro “prevenire è meglio che curare” ed è meglio intervenire e monitorare il bambino quando è ancora piccolo e non ha ancora automatizzato e/o stabilizzato tutte quelle caratteristiche di cui ti ho parlato sopra.

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    COME STIMOLARE IL LINGUAGGIO DEI LATE TALKERS

    Inoltre, ecco alcuni consigli più pratici per stimolare il linguaggio nei late talkers:

    • Leggere è uno dei modi migliori per stimolare lo sviluppo del linguaggio nei bambini; la lettura si può fare insieme alla mamma, magari scegliendo libri con molte figure. Il linguaggio deve essere quello che usiamo tutti i giorni perché il bambino ha bisogno di essere stimolato; è importante leggere normalmente, senza semplificare il linguaggio o ridurre il lessico.
    • Un altro consiglio è quello di rendere il bambino partecipe delle attività quotidiane. I bambini devono imparare a verbalizzare gli oggetti e le esperienze con cui vengono in contatto. Per stimolarli è possibile ripetergli ad alta voce quello che vediamo o che stiamo facendo (“guarda, lì c’è un cane!”, oppure “oggi è una bella giornata, c’è il sole”, o ancora “adesso andiamo dalla nonna”).
    • Infine, è fondamentale giocare col bambino perché il linguaggio passa anche attraverso il gioco. Si possono utilizzare dei personaggi o animali per fare insieme delle rappresentazioni; un altro modo è quello di sfruttare il gioco simbolico, che aiuta il bambino a trovare un collegamento con la realtà e a sviluppare la capacità di astrazione (giocare con la cucina per fare il cuoco che prepara la cena, o con giocare con le tazzine e la macchina del caffè per fare la mamma che prepara il caffè per gli ospiti).
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      Le precedenti indicazioni non rappresentano in alcun modo una valutazione delle competenze, quanto piuttosto una linea guida per osservare i bambini ed identificare la presenza di eventuali segnali di difficoltà.

      Se si hanno dei dubbi è bene rivolgersi al pediatra, ad un logopedista o al NPI.

       

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